L’humus del Manhua: la stampa moderna Shanghaiese al tramonto dell’Impero

Questo articolo intende dare  un’idea della situazione editoriale della Shanghai a cavallo tra due secoli e due mondo.

E’ più che ovvio che addentrarsi in un discorso sulla stampa Shanghaiese moderna ( posto che i due aggettivi non possano essere intesi in un certo senso come sinonimi)  è impossibile in questa sede.  Sarà dunque veloce l’excursus su quegli angoli e quegli elementi che si vedranno compartecipare nella nascita e nell’evoluzione del cartoon e delle riviste ad esso dedicate, fino al suo boom degli anni ’30. Il punto d’inizio di questo percorso storico è stato posto al tramonto della Cina imperiale.

Alla fine del secolo XIX, in Cina,  e più precisamente nella Cina “colonizzata, le prime riviste satiriche d’importazione o comunque non autoctone (The Punch, The Rubble) cominciarono a circolare, in lingua inglese, all’interno delle concessioni e dei protettorati. Alla fine di questo secolo di epocali cambiamenti infatti,  l’Impero di Mezzo, brutalmente e categoricamente sconfitto dalle potenze occidentali, si trovava letteralmente sbrindellato.

In seguito alla stipulazione dei famigerati Trattati Ineguali (1842), la Cina “cedeva” di fatto Hong Kong, Shanghai, Canton, Ningbo, Fuzhou e Xiamen. Sui Treaty Ports  troneggiava Shanghai, vero e proprio centro economico e culturale della Cina moderna. Ed è qui che l’editoria ingigantiszce i suoi spazi economici e culturali e il “nostro” manhua muove i suoi primi passi.

Con la circolazione di queste prime riviste, anche il format del cartoon (la vignetta satirica) cominciò ad essere gradualmente apprezzato dal pubblico cinese, anche se non ancora pienamente compreso, sia esteticamente che stilisticamente.

Breve tempo trascorse, prima che qualcuno con il fiuto degli affari si rendesse conto del potenziale di questa forma espressiva, concepita inizialmente come un’illustrazione “sui generis”, perfetta per scopi pubblicitari. Ovviamente questo uso snaturava in un certo senso  il manhua (o ne sfruttava solo alcune caratteristiche, quelle più appariscenti, per scopi commerciali), ritardandone la maturazione artistica e una vera e propria riflessione estetica.

In questo senso, il potenziale satirico, propagandistico e sovversivo veniva assolutamente intuito ma tecnica e impronta personale (che caratterizzano i migliori cartoonist) erano lungi dall’essere mature.

Di fatto, l’associazione di parola e immagine  e in particolare l’utilizzo dell’illustrazione legata ad eventi di cronaca e per pratiche pubblicitarie,  non erano assolutamente una pratiche nuove in Cina. La stampa giornalistica e d’intrattenimento  però non aveva mai avuto una diffusione simile  a quella che raggiunse dalla seconda metà dell’ottocento in avanti, con l’importazione di nuove tecniche di stampa litografica che permisero, di fatto, se non proprio la nascita del giornalismo moderno (opinione diffusa e recentamente smentita), di certo una diffusione capillare e di massa del medium. Lo studio del cosiddetto  “fenomeno del quotidiano”, legato principalmente al giornalismo moderno e alla diffusione della narrativa popolare (il romanzo popolare a puntate, in primis, pubblicato su quotidiano ) ha sollevato considerevole attenzione di recente, così come, in generale, gli studi su tutti i prodotti della cultura di massa moderna.

Le sperimentazione e le collaborazioni fiorirono dunque  in un periodo di grossi cambiamenti, in cui il potere centrale dell’Impero poco incideva: all’interno delle zone franche (in cui risiedeva, tra le altre, la casa editrice del famoso Shenbao di E. Major, la Shenbaoguan), il governo cinese non aveva nessuna influenza.

L’approccio grafico che si ingaggiava in quei decenni aveva  l’obiettivo primario di colpire un pubblico sempre più ampio e una classe media decisamente variegata.  L’elemento fondamentale in questa fase storica è la partecipazione della componente occidentale della  comunità Shangaiese d’inizo secolo, dei loro investimenti e di tutto quel bagaglio culturale cui evidentemente attinsero i grandi dell’editoria degli anni ’20 e ’30 mentre cercavano di percorrere una strada tutta cinese. Ma già Ernest Major, tra gli alti, il fondatore di Shenbao aveva dimostrato un forte interesse nel pubblico cinese, distaccandosi dal format “straniero per stranieri” e pubblicando notizie per tutti, in lingua cinese, e distaccandosi anche dal modello cinese delle Gazzette (jingbao). Letterati cinesi divenivano giornalisti per permettere al popolo di formare una coscienza sociale, la cosiddetta “opinione pubblica”

In prima linea tra gli huabao (riviste illustrate) la rivista Dianshizhai huabao, supplemento illustrato dello Shenbao di Ernest Major, che compare già nel 1886.  La grafica del Dianshizhai huabao era curata da colti artisti che avevano avuto un’educazione classica alla pittura tradizionale cinese e che, allo stesso tempo, avevano amato e praticavano spesso la tecnica “pen and ink”, ad inchiostro, tipica di cartoon occidentali.

Ben presto, con la diffusione delle tecniche litografiche, accanto agli huabao fiorirono riviste come gli xiaobao, più piccole, economiche  e improntate allo scandalistico (più degli huabao, i quali nonostante l’evidente sensazionalismo e la passione per il qiguai cercavano di mantenere un’impronta giornalistica). Gli xiaobao forse sono i veri e propri antenati delle  riviste di manhua, le quali compariranno sul finire del primo decennio del XX secolo, in concomitanza (guardacaso) dei primi grossi movimenti sociali organizzati.

L’enorme svolta che caratterizza gli anni 20 infatti consiste proprio nella creazione di riviste specializzate le quali trasformano questa forma espressiva, già da decenni vero e proprio parassita di quotidiani e riviste, vero protagonista e testimone di un’epoca.Ma questo passo verr- meglio esaminato in seguito.

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